Sabato, 26 Gennaio 2008 18:05

Oltre “la Sapienza”

Scritto da  Gerardo

Nel seguito puoi leggere l’articolo nel quale Marco Politi fa il punto sulle polemiche del Vaticano contro lo Stato italiano. Non senza un sereno, quanto oggettivo, dato finale.


Sapienza, scontro Cei - governo "Bloccato il Papa". "Non è vero"

Il colpo al governo arriva dalla Cei in parallelo con la pugnalata di Mastella. Al Consiglio permanente dell’episcopato il cardinale Angelo Bagnasco, che nei giorni scorsi aveva dichiarato il capitolo chiuso, riapre rudemente il caso della Sapienza e accusa il governo di aver «suggerito» la rinuncia del Papa, che da parte sua ha fatto un gesto «magnanimo». È l’incidente diplomatico. Palazzo Chigi respinge seccamente l'illazione, rimarcando che «il Governo italiano non ha mai suggerito di cancellare la visita» e anzi al Vaticano era stato comunicato da Prodi e Amato che lo «Stato italiano garantiva assolutamente la sicurezza e l’ordinato svolgimento della visita del Santo Padre». Ma è l’ultimo soffio prima della crisi di governo.
Bagnasco attacca a 360 gradi la linea del centro-sinistra per le politiche sociali e in materia di coppie di fatto, aborto, tutela degli omosessuali. È un attacco di una durezza inaudita dinanzi al quale impallidiscono le bacchettate inferte da Ruini in altre stagioni.
Bagnasco cita i morti di Torino e accusa i politici di «limitarsi a parole e a provvedimenti che nascono evasivi». Cita lo scandalo-monnezza e oltre a fustigare la malavita denuncia la «latitanza amministrativa, il palleggiamento di responsabilità, l’ignavia delle istituzioni». E poi, «parziale» è stato il bonus del governo per gli incapienti, «limitato» l’aiuto fiscale alle famiglie numerose, insufficiente la politica in tema di sicurezza: «Bisogna mettere economicamente le forze dell’ordine nella condizione di agire».
«Il Paese - scandisce il presidente della Cei - si presenta sempre più sfilacciato, frammentato, al punto da apparire ridotto a coriandoli», una nazione sfiduciata.
È il totale rovesciamento della linea di sostegno alla stabilità, assicurata dal cardinale Segretario di Stato Bertone prima di Natale. E l’aggressività dell’elenco di ciò che i legislatori italiani non possono o devono fare trasmette l’impressione che la gerarchia ecclesiastica, informata in anticipo della mossa di Mastella, voglia approfittare della crisi per dettare in termini ultimativi la propria agenda.
Bagnasco dichiara che la Chiesa non cerca egemonia né ha «intenzionalità bellica», ma le condizioni che detta sono di ferro. La Chiesa sostiene la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e «si oppone alla regolamentazione per legge delle coppie di fatto». Si «oppone» anche all’introduzione di registri che surrogano lo stato civile. Afferma la propria «contrarietà» all’introduzione del concetto di "gender", cioè all’equiparazione tra tendenze sessuali e differenze di sesso, razza ed età. Attacca la «logica relativistica» delle organizzazioni internazionali (in cui evidentemente la rappresentanza italiana dovrebbe schierarsi con il Vaticano). Chiede la revisione della 194: il termine impiegato è «aggiornamento di qualche punto della legge» sull’aborto. E chiede - perché esigere soldi è sempre segno di potere - che i fondi previsti dalla legge per consultori, «magari accresciuti da apporti delle Regioni», siano dati «in dotazione trasparente» anche ai centri di aiuto alla vita.
La campagna di Giuliano Ferrara, che agita per l’interruzione di gravidanza l’accusa di «puro omicidio» - strumento di colpevolizzazione delle donne già nel referendum del 1981 - è benedetta con tutti i crismi dalla Cei. «Come non essere grati», esclama Bagnasco, a chi (Ferrara) ha lanciato il dibattito?
A futura memoria, monito al governo che verrà e al parlamento che legifera, il presidente della Cei ribadisce che le norme giuridiche devono rifarsi necessariamente alla «legge morale naturale» come Benedetto XVI proclama. E a qualsiasi coalizione si candidi a governare il cardinale rammenta: contro le «leggi inique» vale il «voto di coscienza» al servizio della politica «buona», che all’occorrenza «può e deve diventare una scelta trasversale rispetto agli schieramenti». E qui il porporato leva il dito. È un metodo, scandisce, «invocabile in ogni legislatura».
Ma la gerarchia ecclesiastica deve stare attenta. Nel sondaggio Eurispes - sulla fiducia degli italiani nelle istituzioni - la Chiesa crolla per la prima volta al 49 per cento con una perdita di dieci punti rispetto all’anno scorso, quando era già calata di altri sei punti a paragone con il 2006. A metà dell’Italia la linea della Chiesa attuale non piace.
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